Rivalutazione terreni: la perizia può essere asseverata anche dopo il rogito
L’Agenzia delle Entrate ha emanato la Risoluzione n. 53/E del 27 maggio 2015 al fine di comunicare il proprio mutato orientamento su due importanti questioni (fra le tante in piedi, fonti di moltissime liti tributarie) che stanno alla base del contenzioso da anni in atto sulle operazioni di cessione di terreni di ogni tipo (agricoli, lottizzati, ma soprattutto edificabili) poste in essere da enti non commerciali, società semplici e, soprattutto, persone fisiche che siano interessati dalla rivalutazione (più correttamente, dalla rideterminazione del valore) volontaria periodicamente consentita dalla legge.
GIURAMENTO DELLA PERIZIA PRECEDENTE ALL’ATTO La prima questione si sostanzia in questo: l’Agenzia ha finalmente preso atto che è infondata – a termini di legge, come affermato da varie sentenze pronunciate in questi anni dai giudici tributari, inclusa la Suprema Corte di Cassazione – la propria pretesa che, in caso di cessione del terreno, il giuramento della perizia venga effettuato prima del rogito notarile e non entro il termine appositamente previsto dalla legge. Ad esempio, posto che il termine di legge relativo all’attuale “finestra” temporale (1° gennaio 2015 – 30 giugno 2015), entro la quale è possibile effettuare la rideterminazione del valore dei terreni da parte di persone fisiche, enti non commerciali e società semplici, scadrà il 30 giugno 2015, finora, cioè prima dell’emanazione della Risoluzione n. 53/E/2015, l’Agenzia pretendeva che il giuramento della perizia fosse fatto prima della data di stipula dell’atto di cessione nonostante la legge accordi tempo fino al 30 giugno 2015. In caso di mancato rispetto di tale prescrizione (come detto, non prevista dalla normativa), l’Agenzia delle Entrate considerava come non effettuata la rivalutazione, in tal modo pretendendo il pagamento dei normali tributi sulla plusvalenza, oltre alle elevatissime sanzioni e interessi (questi ultimi, calcolati solo sull’imposta). Come detto, però, varie sentenze hanno negato validità a tale approccio, cosicché l’Agenzia ha fatto ora, finalmente, un passo indietro, ammettendo che il giuramento della perizia può essere anche successivo al rogito (ovviamente, entro i termini di legge) pur continuando però a pretendere che la redazione della perizia stessa sia antecedente all’atto di cessione: ciò in quanto l’Agenzia ha la necessità che dell’intervenuta rideterminazione del valore il cedente le dia notizia nel corpo dell’atto notarile. Si tratta dunque di una correzione parziale, seppur molto importante.
NOTIZIA DELLA RIDETERMINAZIONE NELL’ATTO Quest’ultimo aspetto – ossia, la pretesa dell’Agenzia delle Entrate che dell’intervenuta rideterminazione del valore il cedente dia notizia nel corpo dell’atto di cessione del terreno – ci conduce alla seconda questione, anche essa molto importante, probabilmente ancor più della prima, trattata nella Risoluzione 53/E/2015. Il punto è questo. L’Agenzia ha necessità di sapere se chi cede un terreno ha eventualmente aderito oppure no alla rivalutazione volontaria, nonostante che – ci sia consentito ricordarlo – di tale circostanza occorra dare specifica informativa nel quadro RL del modello Unico PF (in Unico 2015, occorre compilare i righi da RM 20 a RM 22), ove il contribuente deve fornire i seguenti dati: valore rivalutato, imposta sostitutiva dovuta, imposta versata, imposta da versare, eventuale rateizzazione dell’imposta sostitutiva, eventuale versamento cumulativo dell’imposta sostitutiva per una pluralità di particelle di terreni. Come rilevabile, tra le informazioni richieste in Unico, mancano però i riferimenti catastali dei terreni fatti oggetto di rivalutazione, cosicché l’Agenzia ha, evidentemente, difficoltà ad incrociare i dati degli atti di cessione dei terreni con quelli delle rivalutazioni effettuate dai contribuenti. Di tale carenza, però, non è giusto che le conseguenze vengano addossate dall’Agenzia ai contribuenti, con implicazioni economiche gravissime. Ciò detto, pertanto, nei casi in cui il cedente ometteva di indicare nell’atto di cessione di avere operato la rivalutazione volontaria per uno o più terreni fra quelli trasferiti, l’Agenzia disconosceva integralmente gli effetti favorevoli della stessa, come se non fosse mai avvenuta, richiedendo al cedente l’IRPEF sull’intera plusvalenza oltre alle ingentissime sanzioni e agli interessi. Ad esempio, ipotizzando un terreno acquisito al prezzo fiscalmente riconosciuto di 100.000, rivalutato (per esempio nel 2007) a 150.000 e ceduto nel 2015 a 140.000, in mancanza dell’indicazione in atto dell’avvenuta rivalutazione, l’Agenzia calcolava e tassava una plusvalenza di 40.000 (140.000 – 100.000) nonostante, in realtà, la stessa fosse pari a zero, avendo il contribuente rivalutato il terreno, e pagato la relativa imposta sostitutiva, addirittura su un valore di 150.000, ancor più elevato del prezzo di cessione pattuito fra le parti nel nostro esempio, 140.000). A seguito della Risoluzione 53/E/2015, invece, l’Agenzia afferma che tollererà l’omessa indicazione in atto della rivalutazione in due ipotesi, e precisamente: nei casi in cui, pur non facendosi menzione in atto della intervenuta rideterminazione, lo scostamento del valore indicato nel medesimo atto rispetto a quello periziato, ossia quello “minimo di riferimento” previsto dalla norma, sia poco significativo e tale da doversi imputare ad un mero errore più che alla volontà di conseguire un indebito vantaggio fiscale mediante una apprezzabile sottrazione a tassazione di base imponibile, ai fini dell’imposizione indiretta; nell’ipotesi in cui il contribuente, pur avendo dichiarato in atto un corrispettivo anche sensibilmente inferiore a quello periziato, abbia comunque fatto menzione nello stesso atto della intervenuta rideterminazione del valore del terreno.